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I risultati positivi nel trattamento del dolore cronico in diverse patologie rendono la cannabis per uso medico un’opzione terapeutica interessante da considerare anche per questo tipo di disturbo.

 

Il trattamento del dolore cronico è uno dei principali e più studiati ambiti di utilizzo della cannabis per uso medico.

Gli studi condotti indicano, infatti, che l’uso di prodotti medicinali a base di cannabis è associato a effetti analgesici significativi, a fronte di scarsi eventi avversi, per diverse condizioni, come per esempio il dolore neuropatico, la fibromialgia e l’artrite reumatoide. Inoltre, la cannabis sembrerebbe avere proprietà antinfiammatorie e, a basse dosi, potrebbe trattare in modo efficace il dolore cronico evitando gli effetti collaterali psicoattivi.

Per queste ragioni la cannabis per uso medico è stata presa in considerazione per il trattamento di alcune condizioni ginecologiche che comportano dolore, come la vulvodinia.

Gli studi condotti a riguardo sono ancora pochi, nonostante il forte impatto sulla qualità della vita delle donne che ne soffrono: è importante quindi analizzare il quadro delle attuali conoscenze sull’impiego della cannabis per uso medico in questo ambito.

 

Le aspettative delle donne

La vulvodinia è una percezione di dolore cronico localizzato alla vulva, che si presenta spontaneamente, durante il rapporto sessuale (si parla in questo caso di dispareunia), ma anche a seguito di contatti di natura diversa, per esempio con biancheria intima o assorbenti interni. Le cause all’origine di questo disturbo non sono del tutto chiare, ma l’eziologia sembra essere multifattoriale, legata all’infiammazione e alla neuroproliferazione dei nocicettori.

I dati sull’utilizzo della cannabis nella vulvodinia sono aneddotici e si riferiscono alla riduzione della dispareunia a seguito dell’assunzione di marijuana prima del rapporto sessuale.

Sulla base di questo effetto e dei dati a supporto del miglioramento osservato in diverse condizioni di dolore cronico, alcuni ricercatori statunitensi hanno condotto uno studio per indagare le aspettative delle donne con vulvodinia rispetto al miglioramento dei sintomi della malattia con l’assunzione di cannabis per uso medico [1].

Nell’indagine sono state coinvolte 38 donne che avevano segnalato sintomi di vulvodinia e consumo di cannabis nel corso della vita; le partecipanti hanno completato una survey online sui sintomi, sulle aspettative riguardo al miglioramento dei sintomi della vulvodinia associato alla cannabis, sul consumo di cannabis e sugli eventuali problemi correlati. Infatti, perché la cannabis possa essere considerata un trattamento alternativo appropriato per la vulvodinia, è fondamentale che i potenziali benefici superino un eventuale aumento dei problemi correlati al suo consumo.

Dall’analisi delle risposte è emerso che le partecipanti si aspettavano effetti da moderati a forti dal trattamento con cannabis in termini di sollievo dai sintomi della vulvodinia. L’aspettativa era maggiore per quanto riguardava il miglioramento del dolore bruciante/lancinante rispetto al prurito e al dolore associati all’inserimento del tampone; inoltre si aspettavano un maggiore sollievo dalla dispareunia rispetto al dolore associato all’inserimento del tampone.

Per quanto riguarda il legame tra la severità dei sintomi, le aspettative di miglioramento, l’utilizzo di cannabis e gli eventuali problemi legati all’assunzione, l’unica correlazione risultata significativa è stata quella tra gravità dei sintomi e aspettative di sollievo dal trattamento: le donne con sintomi più severi, infatti, avevano maggiori aspettative di miglioramento, e queste ultime non hanno avuto effetti sulla frequenza di utilizzo della cannabis o su eventuali problemi collegati.

«Questi dati supportano l’opportunità di ulteriori studi, inclusi studi clinici randomizzati controllati con placebo, per escludere qualsiasi effetto placebo e identificare potenziali eventi avversi dovuti al trattamento con cannabis della vulvodinia» commentano gli autori della ricerca.

 

Cannabidiolo per la vestibulodinia: prospettive incoraggianti

L’effetto antinfiammatorio del cannabidiolo è stato evidenziato in diversi studi condotti in varie patologie.

Per quanto riguarda nello specifico la vestibulodinia, al Primo Congresso dell’Associazione Italiana Vulvodinia (AIV), che si è tenuto nel 2022, sono stati presentati sotto forma di abstract i risultati di uno studio osservazionale che ha valutato l’efficacia del cannabidiolo in forma di preparato galenico per uso topico nel migliorare i sintomi del disturbo [2].

Nello studio sono state incluse 187 donne con vestibulodinia, di età compresa tra 18 e 55 anni; potevano essere incluse anche donne già in trattamento con farmaci per via orale e/o in fisioterapia.

Le partecipanti sono state trattate su vestibolo, piccole labbra e clitoride con CBD in soluzione oleosa per uso topico, autosomministrata, dopo adeguata informazione. Il dosaggio era variabile tra 30 e 50 mg/ml, personalizzato per ogni partecipante.

Per la valutazione dei sintomi sono stati considerati parametri sia oggettivi (Swab test positivo, valutazione dell’ipertono muscolare vulvo-perineale con osservazione e test digitale) sia soggettivi (bruciore/dolore spontaneo e provocato), dispareunia. In particolare, il dolore/bruciore spontaneo e provocato è stato valutato con scala VAS da 0 a 10 e riportati su una scala a 4 valori (0, 2-3, 7-8, 9-10) e la dispareunia sulla scala di Marinoff con valori da 0 a 3 (impossibilità di rapporto penetrativo).

I parametri sono stati misurati al basale e poi a 3 e 6 mesi.

I risultati indicano un miglioramento nel tempo per tutti i parametri valutati, indicativo di un’attenuazione dei sintomi.

In particolare, la percentuale di pazienti con dolore/bruciore spontaneo di livello 9-10 e 7-8 a 6 mesi era pari a zero, mentre per quanto riguarda il dolore/bruciore spontaneo di livello 9-10 si passava da 86% al basale a 5% a 6 mesi.

Per quanto riguarda la dispareunia, al basale il 78% delle partecipanti aveva ottenuto il punteggio più alto alla scala di Marinoff (3), ma a 6 mesi la percentuale è del 2%, mentre l’87% delle pazienti raggiungeva il punteggio più basso (0).

Secondo gli autori, quindi, i dati sono indicativi di una prospettiva incoraggiante per il trattamento, che sembra in grado di migliorare nel tempo sia i sintomi oggettivi sia quelli soggettivi.

 

Reference

  1. Barach E, Slavin MN, Earleywine M. Cannabis and Vulvodynia Symptoms: A Preliminary Report. Cannabis. 2020 Jul 3;3(2):139-147.
  2. Cirillo R, Paolucci D, Puppo F. Studio Osservazionale sulla efficacia del Cannabidiolo (CBD) per uso topico in una popolazione affetta da Vestibulodinia (80% delle pazienti affette da Vulvodinia). Abstract disponibile all’indirizzo: https://www.vulvodinia.eu/studio-2-studio-osservazionale-sullefficacia-del-cannabidiolo-cbd-per-uso-topico-in-una-popolazione-affetta-da-vestibulodinia-80-delle-pazienti-affette-da-vulvodinia/